Nepal 2007 by MM

admin martedì, 27 novembre 2007 0


Vorrei sintetizzare e ci proverò, ma è così difficile….Prima parte.
Partenza domenica 11 novembre, alle 12 mio figlio Mirko mi accompagna in aeroporto dove incontro il primo personaggio di questo viaggio.
Marco di Torino, fratello di un grande amico di David Alemanni, mai andato in canoa, una discesa in rafting scenderà in gommone.
A Francoforte incontro e conosco Andrea Gatti, 20 anni d’esperienza come guida raft. Torna in Nepal dopo 20 anni esatti, scenderà da solo in cataraft a remi
Scalo ad Abu Dhabi e arrivo a Kathmandu il giorno dopo alle 16 ora locale, in aeroporto troviamo ad attenderci Eve, donna di David, grandissima canoista.
Saliamo in taxi ed arriviamo a Thamel, la zona di Kathmandu, ritrovo della maggior parte dei turisti che transitano in questa città.
L’impatto è violentissimo, un caos indescrivibile, centinaia di risciò, migliaia di mezzi ingolfati in un unico grande ingorgo, autobus, che sembrano essere stati strappati al rottamaio, con all’interno un groviglio di uomini e merci, migliaia di persone che camminano per strada in mezzo ad
uno smog che attanaglia la gola e un rumore incessante di clacson e voci, il tutto condito dagli odori tremendi della spazzatura non raccolta che invade le strade e che viene macinata dai mezzi che passano.
Guardo, osservo e rimango inebetito da tutta questa ordinata confusione, sembra che l’unica regola, sia quella che regole non ce ne sono.
Scendo dal taxi, e conosco gli altri componenti del gruppo, David Alemanni, grande persona, Richy Villa che guiderà il gommone con 7 persone: Nicola, Stefano e Eliana di Cremona, Ermanno di Camogli, Silvia e Riccardo dell’interland milanese, Marco di Torino e Martino Frova, che scenderà in
canoa con me Eve e David.
Un po’ di chiacchiere e ci avviamo a cena dove assaggio il primo di una lunga serie di “dal bat” piatto tipico nepalese composto da riso, verdure, patate e alcuni pezzettini, davvero piccoli, di pollo, il tutto condito da una serie infinita di spezie e peperoncino piccante.
Il giorno successivo, l’autobus con tutto il materiale da discesa, parte con Richy, Marco e le quattro guide nepalesi che porteranno per il fiume i due gommoni di carico, l’appuntamento è per la mattina successiva a Nepalganj, città nella quale noi arriveremo in aereo, risparmiandoci 19 ore di autobus.
Gli altri, me compreso, rimaniamo a Kathmandu e facciamo un giro, a piedi, per la città, cercando di prendere confidenza con tutto quello che ci si muove intorno, iniziamo a vedere i primi templi, i mercati dove gente povera vende spicchi d’aglio a persone ancora più povere, pezzi di carne,
appoggiati su pietre, dove nuvole di mosche le proteggono dallo sguardo interessato degli acquirenti, ancora sporcizia ovunque, odori forti, gente, sdraiata per strada, che sembra dormire, bambini scalzi e vestiti di stracci che si fanno di colla, gente apparentemente anziana che chiede qualche rupia
per mangiare, venditori che ti seguono per proporti collanine o oggetti in legno, monaci in preghiera ed una spiritualità, rassegnazione e speranze, che si respira ad ogni angolo di strada.
Tutto questo può sembrare interessante e originale, ma viverlo è diverso, fa riflettere profondamente.
Il mattino successivo partiamo, arriviamo in aeroporto con 200 lattine di birra, le pesiamo e partiamo su un aereo ad elica con 19 posti, atterriamo all’aeroporto di Nepalganj dove troviamo l’autobus ad attenderci, carichiamo tutto e partiamo. È tarda mattinata e ci fermeremo soltanto intorno alle 17,30 ora in cui il sole cala velocemente per lasciare posto al buio più completo, la luna è solo un piccolissimo spicchio e illumina pochissimo, aiutandoci con le lampade, scarichiamo le tende e organizziamo il campo, alle 20,15 abbiamo già cenato e siamo tutti dentro i nostri sacchi a pelo.
Il mattino ci svegliamo avvolti da una nebbia fittissima ed un’umidità che si sente nelle ossa, tutto ciò che è rimasto fuori dalle tende è completamente inzuppato d’acqua, smontiamo velocemente il campo, ricarichiamo tutto e qua scatta la rognaccia! Nel passare una sacca con dentro le tende, mi stiro il muscolo della spalla sinistra, un dolore fortissimo e il pensiero che la mia discesa sul Karnali fosse già finita ancor prima di iniziare. Silvia, la donna di Riccardo è una veterinaria con grande conoscenza dell’agopuntura, io mi sento abbastanza animale, quindi mi faccio riempire di aculei su braccio schiena e testa, prendo un aulin e ripartiamo in autobus sulla pista che ormai da diversi chilometri, aveva lasciato il posto alla strada. In tarda mattinata, dopo aver superato diverse frane, arriviamo in un villaggio che sarà il punto del nostro imbarco sul fiume. Scarichiamo tutto il materiale, ognuno di noi si muove con precisione, come se quanto stiamo facendo, fosse stato provato diverse volte, in un paio d’ore, attorniati da decine di bambini, prepariamo i due gommoni di carico, il raft per le persone, il cataraft e siamo pronti a
partire……

Continua …..aggiornamento nei prossimi giorni

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